venerdì 30 settembre 2016

L’instancabile attrazione. Il senso di assoluto nell’opera di Insana




L’assenza. Il vuoto. Questi due termini che a mio avviso possono caratterizzare il lavoro video e fotografico di Salvatore Insana. Sin dai suoi primordi, sin dalla sua laurea che, non a caso, aveva come oggetto d’analisi proprio il vuoto.
Salvatore mi scrive: “Mi sono fermato a contemplare queste onde che quasi arrivavano sulla strada, ad Amantea. Poi ho letto che lì in pochi anni, dopo la costruzione di un porto turistico, la spiaggia quasi non c'è più e quando il mare è agitato l'acqua arriva sulla statale. L'acqua poi continua ad attrarmi instancabilmente.”
L’idea, dunque, nasce da una sparizione, una scomparsa che a un primo livello può facilmente simboleggiare l’affascinante rapporto uomo-natura, cultura e tecnica. Un discorso sulla “spropiazione” e la riappropriazione. Un discorso sul mare, uno dei simboli primari dell’uomo sin dalle sue origini, che reagisce a una condizione imposta dall’uomo: un mare che sovrasta e ritorna. Non si può cancellare il mare, proprio come il rimosso, alla fine ritorna sempre e spesso più forte di prima.
Ma Salvatore, nella frase sopracitata, aggiunge un elemento di estremo interesse, un elemento qualitativo, che non si riduce alla semplice descrizione: “l’acqua, il mare, mi attrae”. L’attrazione, in questo senso, è una forma di trascinamento che coglie la totalità dei nostri sensi, li avvolge, li trascina e li determina e trascinandoli li annulla. In fisica l’attrazione è, infatti, una forza che tende ad avvicinare un corpo a un altro, come ad esempio la forza di gravità, la stessa forza che porta la mia penna qui accanto a rapportarsi con la mia scrivania.
E proprio questa attrazione Salvatore ce la ridà nel video e nelle fotografie attraverso un appassionante gioco di sottrazioni. La potenza del mare, la stessa potenza che si è riappropriata di uno spazio toltogli, è qui restituita attraverso una inquadratura fissa nella quale la forza delle immagini continue del mare in tempesta, il suono ripetuto delle onde, il blu sgranato dell’inquadratura, creano uno stato di annullamento che supera le nostre capacità razionali permettendoci solamente di guardare attraverso una “ammirazione attrattiva”: ammirazione verso uno spazio immaginario che mai riusciremo a cogliere nella sua totalità. L’introduzione di un “personaggio”, una roccia sovrastata dalle onde, rafforza questo stato di annullamento. Non possiamo che lasciarci attrarre, trascinare da questo ritorno del mare, dal suo sovrastare qualsiasi sforzo umano.
Tale annullamento emerge anche da un sapiente utilizzo della tecnica cinematografica e fotografica. L’artista non ha utilizzato alcun tipo di effetto in postproduzione, tutti gli effetti che noi vediamo sono stati realizzati “in macchina”, nella performance dell’atto stesso del filmare, grazie all’ausilio di un obiettivo particolare che crea quell’effetto granuloso tipico delle immagini analogiche.
Questo atteggiamento di annullamento ha alla base, a nostro avviso, una precisa posizione etica. Come si può imporre un effetto di postproduzione, di modifica, di imposizione manuale, alla forza attrattiva naturale per eccellenza, e cioè il mare? L’unico modo per riuscire a ridare quella sensazione di attrazione e annullamento che si ha nel momento in cui entriamo corporalmente in rapporto con esso è proprio un altro atteggiamento di annullamento: annullarsi dietro la macchina da presa, fare in modo che l’occhio meccanico, e oggi elettronico, della videocamera disveli tutta la potenza di ciò che gli sta di fronte. Non ci può essere nulla di umano, qualsiasi tentativo di montaggio, di effetto in postproduzione, romperebbe quell’armonia creata dalla contemplazione di qualcosa che ci sovrasta.

Il mare vive in queste fotografie e in questo video come spazio immaginario, come alterità mai riducibile al pensiero, alla nostra razionalità. E’ un senso di mancanza, siamo manchevoli di fronte a qualcosa di più grande, è la filosofia dell’assoluto che ha caratterizzato il pensiero umano per tanti anni. Ed è l’invito di Salvatore: come lui, annulliamoci e ammiriamo queste immagini, perdiamoci all’interno di esse, tocchiamo per un momento lo spiazzamento sensoriale che solo le migliori opere od operazioni artistiche ci possono ancora dare. 

Valentino Catricalà
(estratto dal catalogo di Notice of Storm, presso 16Civico Gallery, Pescara, settembre 2016)